L’insostenibile leggerezza della vita di ogni essere non è soltanto quanto ha stigmatizzato Milan Kundera nel più bel libro forse mai scritto, ma anche il senso ultimo della poesia visiva delle opere di Christian Boltanski. Raccoglitore di testimonianze, l’artista, che ci ha lasciati a 76 anni in questo già triste anno, verrà ricordato per le perfette composizioni di memorie condivise, trasformate in arte tramite una delicatissima operazione ben calibrata.

Veduta della mostra Christian Boltanski. Coming And Going, Part II, Marian Goodman Gallery, New York, 2001. Courtesy Marian Goodman Gallery.

L’artista francese, nato da padre polacco di origini ebraiche e madre corsa, dopo un primo approccio all’arte come pittore avvenuto già all’età di 13 anni, ha progressivamente abbandonato ogni inclinazione all’espressione della propria interiorità. Il suo stile è infatti presto mutato, allontanandosi dalla pittura per abbracciare un tipo di arte che fosse narrazione, individuale e collettiva.
LE INSTALLAZIONI
Boltanski si è così gradualmente avvicinato alle sue più famose e riconosciute installazioni, approfondendo anche le possibilità documentative concesse dal mezzo fotografico. Scatti dell’artista o foto recuperate e raccolte sono diventati sempre più frequenti nelle sue opere, come veicoli di affascinanti narrazioni o mere percezioni. Come non ricordare, per esempio, i volti delle ricorrenti fotografie in bianco e nero che, mentre raccontano la loro storia personale, diventano già puro sguardo – il loro ed il nostro che li osserviamo – grazie alla precisa e attenta azione dell’artista, che ne riporta i tratti in modo sfocato.

Christian Boltanski, El Caso, 1988. Veduta dell’opera installata presso Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Duesseldorf, 2016. Courtesy Parkett.

Christian Boltanski, Regards, 1998. MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. Courtesy Coop Editrice Consumatori.

È senz’altro vero che l’importanza di conservare e valorizzare una memoria comune è un concetto di cui abbiamo preso coscienza e che certamente non ci coglie di sorpresa; tuttavia, si può rischiare che la narrazione si inaridisca e perda, con il tempo, la componente emozionale, che senz’altro aiuta ad avere uno sguardo più lucido, ma che allo stesso tempo opacizza le sensazioni.
Ed è proprio questo aspetto a rendere così importante il contributo di Boltanski. Egli infatti, grazie alla capacità di affrontare con sensibile lirismo sia il contingente -riferendosi a momenti ben definiti della Storia – sia, in senso assoluto, la condizione umana e la sua fragile e leggera essenza, è riuscito a “riscaldare” nuovamente la temperatura della narrazione del passato, rendendola ancora capace di incidere anche emotivamente sul fruitore.
BOLTANSKI – MEMORIA INDIVIDUALE E STORIA COLLETTIVA
Alla stregua di un alchimista conscio delle caratteristiche dei suoi elementi, Boltanski ha trasfigurato frammenti di storia individuale in potente memoria collettiva, legittimando l’importanza di ciascun tassello del quadro d’insieme; esattamente come nell’enorme cumulo di abiti raccolti negli spazi del Grand Palais di Parigi e casualmente spostati in modo ossessivo e ripetitivo da una gru. Proprio quell’installazione, realizzata in occasione del progetto Monumenta 2010, dal titolo Personnes, affrontava infatti il tema del ricordo lasciato da ciascuna fragile esistenza – ed in senso lato dall’intera umanità – senza celare il rapporto con il triste ricordo dello sterminio degli ebrei.

Christian Boltanski, Personnes, installazione per Monumenta 2010. Parigi, Grand Palais. Courtesy Exhibart.

Christian Boltanski, Personnes, installazione per Monumenta 2010. Parigi, Grand Palais. Courtesy World Art Foundations.

I suoi interventi sono sempre stati delicatissimi, attenti: con il rispetto di chi si appresta a varcare la soglia di casa di altri. Raccontare l’essenza, dimenticando il superfluo, le differenze tra gli individui, i confini. Un’arte che diventa sguardo, pura vita: come i battiti di cuori che risuonano all’interno della Naoshima Fukutake Art Museum Foundation sull’isola giapponese di Teshima, registrati e raccolti dall’artista a partire dal 2008 nel progetto Les Archives du Coeur.

Christian Boltanski, Les Archives du Coeur, 2010. Naoshima Fukutake Art Museum Foundation. Courtesy Benesse Art Site Naoshima.

Christian Boltanski, Les Archives du Coeur, 2010. Naoshima Fukutake Art Museum Foundation. Courtesy Benesse Art Site Naoshima.

In un momento storico che ci vede, e forse vuole, opposti nell’affrontare un’importante e globale problematica, Christian Boltanski ricorda quanto invece sia importante l’unione, la partecipazione e la comprensione dell’alterità; al di là di ogni ideologia restiamo cuori che battono in modo meravigliosamente differente. Arrivederci maestro.
In copertina: Christian Boltanski, Animitas Chili, 2014. Courtesy Marian Goodman Gallery.

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